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Approfondimenti

Di seguito si riportano informazioni di utilità inerenti alcuni aspetti degli ambienti lagunari

  

Estuari e delta

Come le lagune, anche estuari e delta sono ambienti costieri che si formano in seguito ai processi di interazione tra i fiumi e il mare. La morfologie deltizie si originano quando l’energia del moto ondoso è tale da modellare, ma non da rimuovere, i sedimenti trasportati in grande quantità dal fiume. Il materiale si accumula dunque in alcune zone, emerse e sommerse e costituite da sedimenti più grossolani o più fini a seconda della velocità del corso d’acqua, che prendono il nome di piana deltizia, fronte deltizio e prodelta.

Po_PilaDalla piana al fronte diminuisce la velocità di corrente e con essa le dimensioni dei sedimenti, anche se in base al regime fluviale possono essere deposti nello stesso luogo materiali eterogenei; il prodelta rappresenta la parte sommersa ed è costituita dal materiale più fino che viene deposto sul fondale marino.

Le foci fluviali quando sono soggette a forti escursioni di marea e dunque in presenza di regimi mesotidali (escursione di marea compresa tra 2 e 4 m) e macrotidali (escursione di marea superiore a 4 m), assumono una tipica configurazione longitudinale ad imbuto. In questi casi, le acque salate possono penetrare per decine ed anche centinaia di chilometri lungo l’asta del fiume; è in questi casi che si parla comunemente di estuari.

In Italia e nel nord Adriatico, dato il regime microtidale, le foci fluviali non assumono una vera e propria configurazione ad estuario; le caratteristiche estuarili ed il mescolamento delle acque salate con quelle dolci si limitano ad alcuni km dalla foce; sono condizionate soprattutto dai regimi di portata dei corsi d’acqua. In alcuni casi, in fiumi soggetti a consistenti prelievi, in regime di magra ed in concomitanza con anni siccitosi, l’acqua salmastra (il cosiddetto cuneo salino) può occupare tratti più estesi dell’alveo, risalendo fino a 10-20 km dalla foce.

Valli da pesca

L’attività di allevamento del pesce nelle valli, la vallicoltura, è un’attività che ha origini antiche ed è basata sullo sfruttamento dei naturali cicli di montata e smontata delle specie ittiche. Le specie allevate sono principalmente orate, branzini, cefali, anguille.chiusa a Caorle Condizione fondamentale per l’allevamento è il mantenimento di un efficace ricambio idrico del bacino con le acque del reticolo idrografico circostante, pertanto la valle da pesca è munita di chiuse (chiaviche) che permettono l’entrata delle acque solo quando queste presentano le condizioni idonee. Il mantenimento delle caratteristiche chimico-fisiche delle acque è attuato attraverso operazioni stagionali: in maggio per invasare il bacino con le acque marine vengo aperte le chiaviche, che vengono poi chiuse nel mese successivo; nei mesi di luglio ed agosto le valli vengono irrigate allo scopo di limitare l’aumento della salinità (valori di salinità ottimali per l’itticoltura sono compresi tra 15 e 20 per mille), nei mesi di ottobre-novembre si attua la cattura del pesce, la fraima, mediante operazioni continue sulle chiaviche per irrigare e scolare e dunque per convogliare il pesce in strutture particolari dette lavorieri. La montata del pesce inizia ad aprile e dunque in tale periodo le valli vanno aperte per consentire l’ingresso del novellame, ai giorni nostri essendo il mare Adriatico impoverito di novellame e per garantire una maggiore produttività i vallicoltori effettuano una semina diretta del pesce.

La presenza delle valli ha creato e permette di mantenere un paesaggio unico, in cui le aree sommerse ed emerse costituiscono habitat di elevato pregio naturalistico, importantissimi a livello mondiale per la sosta ed il foraggiamento dell’avifauna.

Fauna ittica lagunare

All’interno delle lagune nord adriatiche dimorano numerose specie ittiche, sia tipiche lagunari che provenienti dal mare. Le specie lagunari tipiche sono specie euriecie, ovvero in grado di svolgere il ciclo biologico, compresa la riproduzione, interamente o in gran parte all’interno dell’ambiente lagunare. Tali specie sono quindi adattate a vivere in ambienti caratterizzati da una ampia variabilità di condizioni, con rapidi e frequenti cambiamenti di salinità, temperatura ed ossigeno disciolto. In genere si tratta di specie di piccole dimensioni, a breve ciclo vitale tra cui alcune specie di gobidi come il ghiozzetto cenerino Pomatoschistus canestrinii, il ghiozzetto di laguna Knipowitschia panizzae, il ghiozzo nero Gobius niger, il gò Zosterisessor ophiocephalus, i pesci ago Syngnathus abaster e S. taenionotus; il nono Aphanius fasciatus e il latterino Atherina boyeri.

Le specie che provengono dal mare sono specie che compiono la riproduzione in mare e utilizzano le lagune come aree di nursery, ovvero di svolgimento della fase giovanile del ciclo biologico. Tra queste, sono ampiamente rappresentati i mugilidi tra cui il cefalo Mugil cephalus, il muggine calamita Liza ramada, il muggine dorato Liza aurata, il muggine musino Liza saliens, il muggine labbrone Mugil labrosus, il branzino o spigola Dicentrarchus labrax e l’orata Sparus aurata. Si tratta di specie che presentano anche un importante valore commerciale. La passera Platichthys flesus è un’altra specie che vive negli ambienti lagunari, così come nei tratti terminali dei fiumi dell’Alto Adriatico, per compiere la riproduzione in mare.

Il fenomeno di migrazione degli individui giovani dal mare alle lagune è conosciuto con il nome di rimonta o montata del pesce novello. I giovanili trascorrono quindi un certo periodo di tempo in laguna alimentandosi a spese della produttiva rete trofica lagunare per poi, una volta raggiunto lo stadio di sub-adulto o adulto, migrare in mare, fenomeno conosciuto con il nome di smontata.

Macrozoobenthos

Il macrozoobenthos è costituito da tutti gli organismi animali (invertebrati) di dimensioni superiori a 0.5 mm che abitano il fondale dei corpi idrici, vivendo a contatto e nel sedimento.
benthos su setaccioI principali macroinvertebrati bentonici di acque salmastre sono: vermi del gruppo dei policheti e degli oligocheti, molluschi gasteropodi e bivalvi, crostacei. Essi formano comunità che possono essere costituite da specie di acqua marina, specie autoctone delle acque salmastre e specie di acqua dolce. I vari taxa possono essere raggruppati sulla base delle modalità nutrizionali e delle preferenze alimentari, ottenendo un classificazione funzionale in gruppi trofici: detritivori, limovori, sospensivori, erbivori-raschiatori, predatori.

Essendo costituito da specie poco mobili, incapaci di sfuggire a qualsiasi alterazione ambientale, lo studio delle comunità bentoniche può funzionare da “indicatore biologico” dello stato dell’ambiente. Le comunità rispondono ad eventuali sorgenti di stress con modificazioni strutturali, passando dalla dominanza di taxa conservativi con adulti di maggiori dimensioni e abbondanze relativamente basse ma constanti, alla dominanza di specie opportuniste, caratterizzate da cicli di sviluppo rapidi, vita breve e piccole dimensioni.

Le caratteristiche strutturali della comunità macrobentonica sono utili parametri per valutare l’entità degli effetti di disturbo e della capacità di recupero dell’ecosistema. I parametri di una comunità bentonica che vengono descritti ed utilizzati per valutarne lo stato sono: il numero di specie, la ricchezza specifica, la diversità, l’equipartizione, la densità e la biomassa. Quanto maggiore è la biodiversità, intesa in quest’ambito come ricchezza di specie, tanto più la comunità indica un ambiente inalterato.

Macrofite: macroalghe e fanerogame acquatiche

macroalgheAl gruppo delle macrofite appartengono sia le macroalghe, organismi vegetali costituiti da un tallo non differenziato, che le angiosperme, piante superiori il cui corpo vegetativo è suddiviso in radici, fusto, foglie. La vegetazione sommersa delle lagune è costituita da specie la cui caratteristica principale è quella di essere in grado di sopportare notevoli variazioni di salinità; per lo più si tratta di specie marine che tollerano riduzioni nei valori di tale parametro. Oltre alla salinità, gli altri parametri che condizionano la distribuzione della vegetazione sono la trasparenza dell’acqua, l’idrodinamismo, la sedimentazione e la disponibilità di nutrienti.

Le comunità in generale possono essere costituite da specie a ciclo vitale lungo ed elevato valore ecologico e specie a ciclo vitale breve; negli ambienti lagunari, rispetto a quelli marini in cui predominano le alghe rosse, le alghe verdi sono le più abbondanti poiché prediligono ambienti in cui vi è abbondanza di nutrienti. Tra queste, comuni sono le specie del genere Ulva, di cui Ulva laetevirens è la più frequente ed abbondante. Inoltre a causa della scarsa presenza di substrati solidi molte specie macroalgali sono pleustofitiche, cioè in grado di vivere non ancorate ad un substrato ma libere nella colonna d’acqua (per esempio Ulva sp.e Gracilaria sp.)

Le macrofite per le loro caratteristiche morfo-funzionali e la loro sensibilità alle alterazioni ambientali sono buoni indicatori dello stato ecologico, e la presenza nelle aree lagunari di fanerogame marine è indice di una buona qualità delle acque e dei fondali. Nell’area del nord Adriatico sono presenti Zostera marina, Nanozostera noltii, Cymodocea nodosa, Ruppia sp.pl..

Fitoplancton e biotossine algali

Il fitoplancton è costituito da organismi vegetali, unicellulari o coloniali, microscopici (microalghe) con scarsa capacità di movimento che vivono in sospensione nelle acque. Questi organismi svolgono negli ecosistemi acquatici il ruolo basilare di produttore primario, ovvero fissano con la sintesi clorofilliana l’anidride carbonica atmosferica producendo nuova materia vivente (biomassa): per questo il fitoplancton rappresenta il 1° anello della catena alimentare acquatica.

Le specie algali tossiche appartengono principalmente ai taxa delle diatomee e delle dinoflagellate. Le fioriture di alghe tossiche, a seconda degli effetti da esse prodotti, possono essere classificate in:

  • fioriture di specie algali che provocano una colorazione dell’acqua con diminuzione della visibilità ed eventualmente morie di pesci e invertebrati acquatici a causa delle conseguenti condizioni di ipossia. Appartengono a questo gruppo soprattutto specie di dinoflagellati, come ad esempio la Noctiluca scintillans, e di diatomee, Skeletonema costatum;

  • fioritura di specie che producono tossine che si accumulano nella catena alimentare e che possono causare effetti nei consumatori secondari quali l’uomo e animali superiori. Si tratta di dinoflagellati quali generi come Alexandrium, Gymnodinium e Dinophysis e di diatomee del genere Nitzschia;

  • fioriture di specie che, nella maggior parte dei casi, non sono tossiche per l’uomo ma risultano dannose per pesci ed invertebrati. Esempi di queste specie sono: Alexandrium tamarense, Gyrodinium aureolum, Chaetoceros convolutus.

Le tossine prodotte dai Dinoflagellati sono, nell’ambito di tossine di natura non proteica, tra le più potenti ad oggi conosciute. L’uomo può essere esposto a queste tossine prevalentemente attraverso il consumo di prodotti ittici, soprattutto a seguito di ingestione di molluschi bivalvi. Questi ultimi sono organismi filtratori che si nutrono di plancton e che, pur accumulando le tossine, ne subiscono gli effetti solo marginalmente.

Le principali sindromi da intossicazione umana associate al consumo di molluschi sono state descritte, in base alla tipologia dei sintomi, come paralitiche, diarroiche, neurotossiche ed amnesiche rispettivamente abbreviate in PSP (Paralytic Shellfish Poisoning), DSP (Diarrhetic Shellfish Poisoning), NSP (Neurotoxic Shellfish Poisoning), ASP (Amnesic Shellfish Poisoning).

noctiluca_scintillans01.jpg Nitzschia01.jpg alexandrium01.jpg

Zooplancton lagunare

Lo zooplanton o plancton animale è costituito da una grande varietà di organismi che possono condurre vita pelagica per tutta la loro esistenza (oloplancton) o solo per una parte di essa (meroplancton).

Lo zooplancton può essere distinto in 4 categorie dimensionali:

DimensioniCategoriaOrganismi zooplanctonici
20-200 µmMicroplanctonTintinnidi, Radiolari
0,2-20 mmMesozooplanctonCopepodi, Eufaesiacei, Cladoceri, larve meroplanctoniche
2-20 cmMacroplanctonMeduse, Salpe
20-200 cmMegaloplanctonMeduse, colonie di Tunicati

I parametri di struttura e dinamica delle biocenosi zooplanctoniche sono descrittori ricchi di contenuto informativo, fondamentale per la caratterizzazione ecologica delle lagune, che potrebbero sostituire il parametro salinità quest’ultimo tradizionalmente considerato il principale parametro per caratterizzare la dinamica e per la classificazione degli ambienti lagunari.

Gli insediamenti zooplanctonici sono infatti influenzati profondamente dai fattori idrodinamici: le correnti tidali attuano un continuo trasferimento di biomasse zooplanctoniche tra le lagune ed il mare favorendo da un lato la penetrazione di forme neritiche all’interno degli ambienti di transizione, dall’altro la rimozione ed esportazione a mare di forme dello zooplanton residente.

In una laguna l’insediamento di un popolamento autoctono stabile è possibile solo quando gli scambi di masse d’acqua con il mare e con i rami fluviali sono limitati. Le comunità zooplanctoniche lagunari rispetto alle comunità marine possiedono minor ricchezza in specie e maggior biomassa.

A causa delle correnti di marea e dell’idrodinamismo lagunare nelle zone più esposte all’influenza del mare il popolamento zooplanctonico è di tipo neritico (Cladoceri, Ciclopoidi, Arpacticoidi, Appendicolarie), mentre nelle zone più riparate, con tempi di residenza delle acque relativamente lunghi, è insediato un popolamento autoctono, propriamente lagunare, costituito prevalentemente da gruppi meroplanctonici (larve di Policheti, di Molluschi e di Crostacei) e da una componente oloplanctonica che comprende principalmente Tintinnidi, Rotiferi e Copepodi (soprattutto Calanoidi quali Paracalanus parvus, Ctenocalanus vanus, Acartia clausi, Oithona nana, O. plumifera, O. helgolandica).

Il popolamento a Copepodi dello zooplancton lagunare autoctono differisce da quello neritico per la configurazione che la taxocenosi assume in termini di dominanza, di diversità o di modelli di distribuzione delle abbondanze relative delle specie.

In lagune costiere con differenti caratteristiche idrologiche ed idrodinamiche esiste una netta diversificazione spaziale di struttura della taxocenosi a Copepodi: nella parte più interna del bacino oltre l’80% dei Copepodi è rappresentato da una sola specie del genere Acartia (Calanoide), nelle aree più esposte all’influenza marina la ricchezza in specie è invece molto più alta e vi sono numerose specie marino-costiere. La biomassa totale dello zooplancton, inoltre, nell’area più interna del bacino è sempre maggiore che nell’area più vicina al mare.

Anossia e distrofia in laguna

Le acque di transizione possono essere soggette, nelle stagioni più calde, a fenomeni di scarsità di ossigeno disciolto causati da un consumo maggiore di tali molecole da parte degli organismi eterotrofi (organismi che non sono in grado di produrre molecole organiche e si nutrono di quelle prodotte da altri organismi) rispetto a quanto rilasciato dall’attività fotosintetica e a quanto introdotto dall’atmosfera.

In concomitanza con l’innalzamento delle temperature e della disponibilità di nutrienti (azoto, fosforo), un forte sviluppo della vegetazione e del fitoplancton presso la superficie dello specchio d'acqua comporta una limitazione degli scambi gassosi e quindi anche del passaggio in soluzione dell'ossigeno atmosferico (O2); quando poi le alghe muoiono vi è una conseguente diminuzione di ossigeno a causa della loro decomposizione da parte di microrganismi.

Si parla di ipossia quando si verifica una significativa diminuzione dell´ossigeno disciolto nelle acque e i valori che indicano tale condizione sono compresi tra 3,0 e 1,0 mg/l, mentre si verifica una condizione di anossia quando la carenza di ossigeno disciolto è tale da raggiungere valori compresi tra 0-1,0 mg/l. Condizioni di anossia possono verificarsi di frequente nelle aree lagunari soggette a ridotto ricambio idrico, nella stagione più calda e principalmente nelle ore notturne, soprattutto negli strati prossimi al sedimento.

Sostanze pericolose e pericolose prioritarie

La Direttiva 2000/60 ha definito un elenco di 33 sostanze chimiche, le sostanze prioritarie, tra le quali sono indicati il cadmio, il piombo, il mercurio, il nichel e i suoi composti, il benzene, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), i pesticidi ed i fitofarmaci. Venti sostanze prioritarie sono classificate come pericolose.

La normativa sulle sostanze pericolose è in continuo aggiornamento, poichè sono numerose le sostanze immesse, sia nel passato che attualmente, nell’ambiente acquatico e che necessitano di un controllo. Le zone lagunari, di foce e deltizie, sono, come le aree costiere, recettori finali di tali sostanze che provengono sia dal comparto agricolo (pesticidi, fitofarmaci) che da quello industriale.

Gli standard di qualità ambientale previsti dalla normativa europea e dalla normativa italiana di recepimento (D.lgs. 152/2006 e s.m.i.) sono limiti di concentrazione, ovvero la quantità delle sostanze interessate nelle acque non deve superare determinate soglie. Sono previsti due tipi di standard:

• il valore o la concentrazione media della sostanza interessata calcolata nell'arco di un anno. Tale standard mira a garantire la qualità a lungo termine dell'ambiente acquatico;

• la concentrazione massima ammissibile della sostanza, misurata in maniera puntuale. Questo secondo standard mira a limitare i picchi di inquinamento di breve termine.

Ultimo aggiornamento

16-09-2022 08:28

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