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Rischi per la salute

Quando le radiazioni ionizzanti interagiscono con i tessuti viventi, trasferiscono energia alle molecole delle strutture cellulari e sono quindi in grado di danneggiare in maniera temporanea o permanente le funzioni delle cellule o causarne la completa distruzione. La gravità del danno dipende dal tipo e dalla dose di radiazione, dalla via di esposizione (irraggiamento esterno, inalazione, ingestione) e dalla sensibilità del tessuto interessato alle radiazioni. Con l’eccezione del cristallino sono maggiormente sensibili alle radiazioni i tessuti a intensa attività di replicazione delle cellule, come il midollo osseo, la pelle, le mucose, gli spermatozoi, ecc.. I danni più gravi derivano dall’interazione delle radiazioni ionizzanti con il DNA dei cromosomi. La fonte radioattiva può essere situata all'esterno o all'interno del corpo con danni in entrambi i casi. L'esposizione protratta a RI è meglio tollerata a parità di dose rispetto ad una dose acuta, poiché alcuni dei danni possono essere riparati mentre l'esposizione è ancora in corso. Se tuttavia la dose è sufficiente a provocare effetti clinici gravi, i meccanismi di riparazione possono essere insufficienti. L'esposizione a dosi di radiazioni, insufficienti a causare la distruzione delle cellule, può indurre modificazioni cellulari con effetti clinici rilevabili solo dopo anni. Vanno distinti effetti somatici che interessano i diversi tessuti dell’organismo ed effetti genetici sulle cellule deputate alla riproduzione. Questi ultimi possono portare a mutazioni il cui risultato si può manifestare nei discendenti dell’individuo irradiato e interessare quindi le generazioni future. Sono molto difficilmente prevedibili. Si possono verificare danni conseguenti ad irradiazioni acute o effetti cronici da esposizioni prolungate.
Irradiazione acuta: dosi elevate di radiazioni estese a tutto il corpo provocano lesioni e quadri clinici caratteristici (diarrea emorragica grave e disidratazione o interessamento del sistema nervoso centrale, gravi danni alle cellule del sangue a livello del midollo osseo). L’unità di misura delle dosi assorbite utilizzata è il gray (Gy). L’irradiazione acuta è la conseguenza di eventi eccezionali, quali catastrofi ecologiche o esplosioni nucleari. Per dosi basse si possono presentare gli effetti cronici: sono effetti tardivi, espressione di esposizione cronica a piccole dosi di radiazioni ionizzanti con elevato accumulo delle stesse. E’ dimostrato un accorciamento dell’aspettativa di vita, ma l’effetto tardivo più grave e insidioso è rappresentato dall’aumentata probabilità di andare incontro a tumori. A seconda delle zone dell’organismo colpite si possono presentare aumenti significativi rispetto all’incidenza ordinaria di tumori del sangue (leucemie) e delle ossa (osteosarcoma) che possono manifestarsi già a due anni dall’esposizione. Si possono rilevare altresì aumenti statisticamente significativi di tumori alla mammella, alla tiroide, al polmone e alla pelle, che insorgono dopo un periodo di latenza più lungo, superiore ai 5 anni. Non è stata dimostrata ad oggi un’evidenza che le radiazioni ionizzanti possano indurre leucemia linfatica cronica, linfoma di Hodgkin e carcinoma del collo uterino. Si possono avere anche danni cronici localizzati che colpiscono la pelle (radiodermite) o l’occhio (cataratta).

Per approfondimenti:

Radioattività e salute ARPAV

Chernobyl - Rapporto dell'ONU vent'anni dopo (Epicentro - Portale del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute): rapporto dell’Onu che fornisce risposte e strumenti per salvare vite (traduzione a cura di Epicentro).

Ultimo aggiornamento

10-11-2022 12:47

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