Ultimo aggiornamento
15-11-2022 18:03Il Decreto Legislativo del 2 febbraio 2001 n.31 fissa i requisiti di qualità per una serie di parametri rilevati, sulle acque destinate al consumo umano, dividendoli in tre categorie:
- Microbiologici (Enterococchi, Escherichia coli - vedi Allegato I parte A della legge). I rischi sanitari di infezione dovuti ad inquinamenti microbiologici riguardano un elevatissimo numero di batteri, virus, protozoi; le acque vengono analizzate allo scopo di identificare quei parametri microbiologici indicatori certi di una contaminazione fecale. I valori di parametro sono vincolanti e non derogabili e il loro superamento richiede l’assunzione di misure correttive urgenti ma di solito di facile realizzazione da parte del Gestore del Servizio Idrico Integrato.
- Chimici (antiparassitari, mercurio, nitrati, arsenico etc. - vedi Allegato I parte B della legge). Questi elementi e composti sono tossici o nocivi per la salute; anche se la possibilità di tossicità acuta si verifica solo nel caso di contaminazioni massicce, molti di essi – ad esempio i metalli pesanti - possono accumularsi nell’organismo e dare ripercussioni nocive sulla salute a lungo termine. Per essi i “valori di parametro” sono vincolanti e, per alcuni, derogabili. La ricerca della causa del superamento e le misure correttive sono in genere onerose e richiedono l’intervento sinergico del Gestore del Servizio Idrico Integrato, delle autorità sanitarie, degli amministratori pubblici locali e regionali.
- Indicatori (pH, durezza, odore, colore, torbidità, alluminio etc. - vedi Allegato I parte C della legge). La maggior parte di questi parametri è tipica delle caratteristiche naturali delle acque potabili distribuite; altri indicatori invece, derivano dai trattamenti di potabilizzazione (i sali dall’alluminio ,ad esempio, sono diffusamente impiegati per il trattamento dell'acqua come coagulanti per ridurre il materiale organico, il colore, la torbidità, i microrganismi; un tale uso può portare ad un aumento dei livelli di alluminio dell'acqua). E’ necessario pertanto verificare sia le qualità organolettiche e chimico-fisiche delle acque, sia l’efficacia degli eventuali trattamenti di potabilizzazione. La verifica del superamento dei valori di parametro proposti consente da parte dell’autorità sanitaria un’interpretazione e una valutazione di merito circa un effettivo rischio sanitario e la ricerca di strategie per il miglioramento della qualità.
Per approfondimenti sul significato dei parametri analitici:
Valori limite per le acque destinate al consumo umano
I valori risultanti dalle analisi effettuate su parametri microbiologici e chimici devono rientrare nei limiti indicati dalla legge. Questi limiti sono denominati valori di parametro, cioè delle concentrazioni massime che non devono essere superate perchè l’acqua sia considerata idonea all’uso potabile.
Nel caso dei parametri indicatori i limiti, quando specificati, non sono vincolanti; solo nel caso l’Azienda Sanitaria competente li reputi pericolosi per la salute umana, il loro superamento rende l’acqua non idonea al consumo umano.
Il Decreto Legislativo 31/01, entrato in vigore il 25 dicembre 2003, recepisce i limiti indicati nella direttiva europea 98/83/ CE.
Il parametro clorito ha subito una modifica nel valore fissato nell’allegato I, parte B, del D.Lgs. 31/01, tramite Decreto del 5 settembre 2006, ed è stato innalzato a 700 µg/l.
Il limite del parametro piombo è 10 µg/l. Nella nota 4 alla parte B dell'allegato I del D.Lgs 31/01 è specificato che questo limite entrava in vigore al 26 dicembre 2013, fino a quella data infatti era permessa una concentrazione massima di 25 µg/l prevedendo così un tempo in cui regioni, aziende sanitarie locali e gestori d'acquedotto, ciascuno per la propria competenza, attuassero, con graduale priorità, misure intese a garantire nei punti a più alta concentrazione il rispetto del limite.
Cosa succede se un parametro analizzato da ARPAV supera il valore di parametro indicato dalla legge?
ARPAV trasmette tutti i risultati analitici alle Aziende USSL che hanno effettuato il prelievo le quali, in assenza di situazioni anomale, autorizzano all’uso dell’acqua potabile analizzata.
Se un parametro supera i limiti fissati nel decreto legislativo 31/01, l’ Azienda USSL emette un giudizio di non conformità.
Non tutti i casi di non conformità sono indicativi di una vera e propria contaminazione, e di conseguenza non sempre ci si trova di fronte a situazioni di reale rischio per la salute.
Qualora dall’analisi emerga, a giudizio delle AUSSL, un potenziale rischio per la salute del consumatore, vengono coinvolti gli Enti gestori perché pongano rimedio all’anomalia, sino ai casi più gravi in cui il Sindaco può emettere un’ordinanza di divieto d’uso.