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Effetti sulla salute

Le pollinosi

Con il termine di pollinosi, meglio conosciuta come rinite o raffreddore stagionale, si indica una patologia caratterizzata da sintomi a carico delle mucose dell'occhio e del naso (oculorinite) ma anche della trachea e dei bronchi (asma bronchiale), causata dall'inalazione di pollini. La pollinosi è chiamata anche, impropriamente, febbre da fieno, ma in realtà la febbre non rappresenta un sintomo caratteristico della malattia ed è in genere assente.
Le manifestazioni cliniche descritte (nasali, oculari e bronchiali) si presentano con periodicità stagionale in pazienti sensibilizzati a pollini, durante il periodo della pollinazione delle piante a cui sono allergici.

Qualche cenno di storia

Descritta forse per la prima volta da Leonardo Botallo nel 1565 con il nome di "catarro causato da rose", i sintomi della pollinosi furono magistralmente descritti dal dr. John Bostock che ne aveva diretta esperienza per essere affetto da pollinosi. Nel 1819 Bostock coniò i termini di "febbre da fieno" e "catarro estivo". Ancora incerte erano tuttavia le cause dei sintomi, di volta in volta attribuiti al profumo dei fiori, alla polvere o al fumo dei treni. Ma nel 1873 il dr. Charles Blackley, di Manchester, intuì che la responsabilità della sindrome stava nei pollini di numerose piante e ne redasse un puntuale elenco. Nel corso del secolo successivo fu scoperto e definito il ruolo di particolari anticorpi, le immunoglobuline di classe E (IgE) nella patogenesi della malattia e furono gettate le basi per una diagnosi e una terapia della pollinosi sempre più corrette e precise .

Epidemiologia

Già nel 1873 il dr. Blackley sosteneva che la pollinosi era una malattia che colpiva più di frequente gli aristocratici rispetto alle classi sociali più umili. In pratica affermava trattarsi di una malattia che sembrava prediligere le persone agiate. Negli ultimi decenni si è assistito ad un tumultuoso aumento nella prevalenza della malattia, che si concentra proprio nelle aree ricche del mondo, nei paesi più sviluppati e industrializzati e, in pratica, più agiati. Si stima che i pollinotici siano il 10% della popolazione in Italia, il 15% in Europa e probabilmente quasi il 20% negli Stati Uniti. La tendenza all'aumento continua, tanto da far parlare di "epidemia" di malattie allergiche. E proprio nello stile di vita dei paesi sviluppati, numerosi studi hanno individuato una delle possibili cause dell'aumento delle allergopatie, insieme con il ruolo svolto dall'inquinamento atmosferico.
E' stata inoltre dimostrata una interrelazione tra granuli pollinici e inquinanti atmosferici: da un lato i granuli assorbono e veicolano inquinanti aerodispersi fino alle vie respiratorie, aumentandone la concentrazione, dall'altro comuni inquinanti, come il particolato emesso dai motori diesel, possono fare da "carrier", veicolando allergeni pollinici e favorendo la produzione di anticorpi della classe IgE, propri dell'allergia. E' quindi pienamente giustificato considerare il monitoraggio dei pollini aerodispersi e più in generale dei bioaerosoli, come un momento organicamente integrato nel più vasto contesto della valutazione della qualità dell'aria.

Patogenesi – Come si diffondono

Per riprodursi, le piante producono il polline: all’interno di questa cellula si formano i gameti maschili, responsabili della fecondazione dell'ovulo (contenente il gamete femminile). Responsabili delle allergie sono i pollini delle piante anemofile, vale a dire di quelle piante che affidano al vento la diffusione del loro polline, in grandi quantità, perchè raggiunga i fiori di piante lontane anche decine di chilometri. Altre piante sono invece dette entomofile e il loro polline viene trasportato, inconsapevolmente, dagli insetti di fiore in fiore. Queste piante molto raramente e solo in circostanze particolari possono dare allergie.

I pollini trasportati dal vento hanno un diametro fra i 5 e i 100 millesimi di millimetro (µ) e sono quindi invisibili ad occhio nudo. Nel polline sono contenute particolari sostanze, dette antigeni, capaci di "sensibilizzare" soggetti geneticamente predisposti. Questi antigeni stimolano il sistema immunitario a produrre particolari anticorpi, le immunoglobuline di classe E (IgE).
Quando gli antigeni dei pollini si liberano a livello delle mucose dei cosiddetti "organi bersaglio", cioè dell'occhio, del naso e dei bronchi del soggetto allergico, si incontrano con le IgE che aderiscono strettamente sulla superficie di particolari cellule, dalle quali prontamente fuoriescono o vengono prodotti un gran numero di mediatori chimici (quali l'istamina, le prostaglandine, i leucotrieni ed altri ancora). I mediatori agiscono innescando un processo infiammatorio: dilatano i vasi capillari, richiamano dal sangue e dai tessuti cellule di difesa, in particolare gli eosinofili, aumentano la secrezione delle ghiandole e inducono la contrazione della muscolatura liscia, con il risultato di causare i sintomi propri della pollinosi.

Clinica – I sintomi

I sintomi a carico degli occhi si accompagnano di regola ai sintomi nasali, anche se talora possono presentarsi isolati. Compare così lacrimazione, prurito alle congiuntive che appaiono arrossate, mentre a livello nasale la pollinosi si manifesta con starnuti ripetuti, prurito, secrezione acquosa abbondante e congestione con sensazione di naso chiuso. Frequente la cefalea frontale e la riduzione dell'olfatto. I sintomi possono scomparire rapidamente come si sono presentati, all'improvviso, ma talora persistono per buona parte della giornata. E' caratteristica una sensazione di stanchezza e una difficoltà di concentrazione che influisce negativamente sulle prestazioni scolastiche e lavorative: il raffreddore allergico è una condizione penosa e invalidante per chi ne è affetto e non va sottovalutato.
Non è infrequente che compaia anche la tosse, secca e stizzosa, spesso notturna, accompagnata da difficoltà di respiro e dai caratteristici sibili intratoracici propri dell'asma bronchiale, che è una temibile complicanza della pollinosi. La rinite allergica è un importante fattore di rischio di asma bronchiale, con cui si presenta associata in una elevata percentuale di casi. Un numero crescente di pazienti sperimenta prurito e gonfiore delle labbra, del palato e della gola in seguito all'ingestione di alimenti vegetali che contengono antigeni che danno reazioni crociate con quelli dei pollini.
Si tratta della cosiddetta Sindrome Orale Allergica (SOA) e può comparire ingerendo mele, pere, albicocche, kiwi negli allergici alla betulla, mentre chi è sensibilizzato alle graminacee può avere brutte sorprese con il melone, l'anguria, il pomodoro e altri alimenti ancora.

Nella tabella seguente sono riportati alcuni esempi di possibili cross-reattività tra pollini e alimenti. E' opportuno sottolineare che la SOA si manifesta solo in una piccola percentuale dei soggetti con allergia a pollini e non coinvolge tutti gli alimenti elencati.

Alimenti per cui è descritta una reattività crociata con i pollini

Pollini Alimenti
Pollini in genere miele
Graminacee Melone, anguria, arancia, kiwi, pomodoro, frumento, prunoidee (pesca, albicocca, ciliegia, prugna), arachidi, cereali
Ambrosia Melone, banana
Artemisia e altre composite Camomilla, sedano, carote, melone, anguria, mela, banana, zucca
Parietaria More di gelso, basilico, piselli
Olivo Olive, olio d'oliva
Betulla Mela, pesca, albicocca, noci, nocciole, ciliegia, banana, carota, patata, finocchio, sedano, arachidi, mandorle, pistacchio
Nocciolo Nocciole

 

Stagionalità

Per quanto concerne la stagionalità dei sintomi, si possono distinguere tre periodi caratterizzati dalla presenza di pollini invernali/inizio primavera quali nocciolo, ontano, carpino nero e carpino bianco, betulla e cipresso,  primaverili/estivi quali Graminacee, Pinacee (abete, pino, larice), Fagacee (faggio, quercia, castagno), Platanacee, Oleacee (frassino, olivo), Urticacee e tardo estivi/autunnali quali Graminacee, Urticacee, Composite (ambrosia, artemisia), Amaranthacee, Pinacee (cedro).

In particolare hanno assunto sempre più importanza allergologica l'artemisia, da sempre infestante delle colture e, più di recente, l'ambrosia. Quest'ultima pianta si è rapidamente diffusa in Lombardia, Piemonte, Liguria e Friuli, provenendo dagli Stati Uniti o dai Paesi dell'Est europeo. In alcune aree della Lombardia il ruolo dell'ambrosia ha superato quello delle graminacee nel causare allergie respiratorie.

La diffusione della sensibilizzazione a pollini un tempo poco rilevanti dal punto di vista allergologico (pollini "emergenti") è legata oltre che all'introduzione accidentale di nuove specie infestanti, come nel caso dell'ambrosia, la cui diffusione è favorita dall'incuria dei terreni agricoli, alle modificazioni intervenute nelle colture agricole e forestali e all'introduzione di specie "esotiche", per uso ornamentale in parchi e giardini.

Diagnosi

La diagnosi di pollinosi si basa innanzitutto sulla raccolta di un'attenta storia clinica, che valuti i precedenti familiari e modalità di esordio della malattia, la stagionalità dei sintomi e il loro andamento nel tempo, la risposta ad eventuale terapia. Per individuare i pollini responsabili si utilizzano in primo luogo i test cutanei, ponendo a contatto una goccia di estratto pollinico con la cute e osservando la comparsa di un caratteristico pomfo circondato da un'area di rossore se la risposta è positiva. Sono utili poi i test "in vitro", che consentono di individuare nel siero del paziente gli anticorpi (IgE) specifici responsabili della malattia. Altri esami, come i test di scatenamento, hanno un uso molto limitato e riservato alla ricerca o a casi selezionati. Per i pazienti con sospetto di asma bronchiale è indispensabile una valutazione dei volumi polmonari, anche con l'ausilio di particolari test farmacologici. E' anche possibile dotare il paziente di un misuratore di picco di flusso espiratorio, per effettuare un monitoraggio della funzione ventilatoria più volte al giorno, nei luoghi abituali di vita e di lavoro.

Terapia

Per la cura della pollinosi oggi abbiamo a disposizione farmaci potenti: antiistaminici per la rinite e la congiuntivite, broncodilatatori per l'asma, cortisonici da somministrare per via nasale o bronchiale, antagonisti dei leucotrieni. Anche i cromoni, farmaci di uso preventivo, giocano un ruolo importante. E' decisivo che la terapia sia prescritta da uno specialista competente e che la cura venga seguita con assiduità e pazienza dal soggetto allergico.
Un ruolo importante in questo ambito ha l'immunoterapia specifica, il cosiddetto "vaccino", che consiste nella somministrazione di dosi progressivamente crescenti di estratti pollinici, un tempo solo per iniezione, oggi anche per via endonasale o per bocca. L'immunoterapia specifica è in grado di modificare la storia naturale della malattia e non c'è controindicazione ad associarla con una terapia farmacologica per raggiungere i migliori risultati.

Prevenzione

Sfuggire ai pollini è ben difficile e certo non alla portata di tutte le “tasche”, visto che solo le latitudini polari o tropicali garantiscono una certa distanza dal flusso dei pollini trasportati dal vento. E' quindi necessario che il paziente sia ben informato sulle piante cui è allergico, ne conosca il periodo di fioritura e possa consultare un calendario pollinico che riporti in tempi rapidi l'andamento dei pollini in aria.
Quando i pollini incriminati iniziano ad essere presenti in aria, il paziente può iniziare le terapie preventive o di copertura farmacologica come prescritto dal medico curante, che provvederà anche ad adeguare il dosaggio dell'immunoterapia, se in atto.
I bollettini settimanali e i calendari pollinici sono dunque uno strumento insostituibile anche per guidare il medico nella diagnosi e nella prescrizione della terapia. Tuttavia, pur essendo chiaramente dimostrata una relazione tra la presenza di pollini aerodispersi e la diffusione della sensibilizzazione ai diversi pollini e ai sintomi correlati, la lettura dei calendari pollinici non è sempre semplice ed immediata a causa della difficoltà di stabilire una soglia scatenante per le manifestazioni cliniche. Si deve tener conto infatti del cosiddetto “priming effect”, cioè dell’infiammazione prodotta nelle strutture dell’apparato respiratorio al primo incontro con l’allergene. L'infiammazione che ne consegue abbassa progressivamente la soglia di risposta nei successivi contatti. Così, se all'inizio di stagione è necessaria una concentrazione di 50 granuli pollinici per metro cubo d'aria (granuli/m3) per scatenare i sintomi di allergia, verso la fine del periodo di pollinazione possono essere sufficienti 10 granuli/m3.
La progressiva diffusione della polisensibilizzazione a pollini del singolo paziente che oggi costituisce la regola, fa sì che il contatto stagionale precoce con pollini d’albero abbassi la soglia di risposta a pollini di piante erbacee in questi pazienti, nel prosieguo della stagione. E’ necessario inoltre tener conto del microparticolato atmosferico, costituito da frammenti pollinici, da microgranuli liberati per rottura dei granuli pollinici, ad esempio in corso di temporali, e da frammenti vegetali non pollinici ma dotati di potere allergenico. Il microparticolato può render conto dei sintomi che compaiono a basse concentrazioni atmosferiche di pollini e del mancato beneficio sulla sintomatologia durante i periodi piovosi lamentato da molti soggetti affetti da pollinosi. Per questi motivi la corretta interpretazione dei calendari pollinici è necessariamente compito di uno specialista che sia al corrente delle problematiche proprie dell’aerobiologia. Le significative variazioni delle concentrazioni dei granuli pollinici aerodispersi da un anno all'altro rendono necessario un monitoraggio costante. La disponibilità di dati storici sull'andamento pollinico, correlata allo studio dei parametri climatici locali, in particolare la temperatura al suolo e i dati di piovosità, consentono di elaborare modelli previsionali, utilizzabili anche in campi diversi dalla clinica, in particolare per problematiche legate alle attività agricole.

Va ricordato infine che è possibile intervenire nella scelta delle piante ornamentali nel verde pubblico e privato, scegliendo le specie con capacità allergenica assente o minima.

(da pubblicazione ARPAV, Il monitoraggio aereobiologico nel Veneto: I pollini allergenici, “Le pollinosi”, Guido Marcer Università di Padova – Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica)

Ultimo aggiornamento

01-12-2022 10:14

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