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IPPC

dal ponte della Libertà

IPPC è l’acronimo di Integrated Pollution Prevention and Control ovvero controllo e prevenzione integrata dell’inquinamento. Questo approccio è stato introdotto con la Direttiva 96/61/CE del 24 novembre 1996, chiamata anche "direttiva IPPC" .


La convinzione che, l'approccio integrato debba essere il criterio cardine della prevenzione e del controllo ambientale, ha portato a successive modifiche della direttiva madre che è stata abrogata e sostituita dalla Direttiva 2008/1/CE del 15 gennaio 2008, a sua volta abrogata dalla Direttiva 2010/75/UE.

La direttiva IPPC prevede un nuovo approccio per la riduzione degli impatti ambientali delle emissioni industriali, attraverso la graduale applicazione di un insieme di soluzioni tecniche (impiantistiche, gestionali e di controllo) messe in atto per evitare o, qualora non sia possibile, ridurre, le emissioni di inquinanti nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese misure relative ai rifiuti.

Queste soluzioni tecniche sono le BAT (Best Available Technique) o MTD (Migliori Tecniche Disponibili). L’adozione delle BAT da parte delle aziende e la prescrizione di queste da parte degli enti competenti è guidata dalle BREFs, le linee guida europee, alcune sono già state recepite dall’Italia decreti ministeriali, altre sono in fase di recepimento. Questi documenti descrivono le tecniche impiantistiche, gestionali e di controllo presenti sul mercato e le relative prestazioni confrontate con l’impatto ambientale.

Vai alle BAT recepite in Italia


In Italia la direttiva IPPC è stata recepita dal D.Lgs. 372/1999, in seguito abrogato dal D.Lgs. 59/2005. Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 128/2010 (26 agosto 2010), la normativa IPPC viene assorbita interamente nella Parte II, Titoli I e III-bis del D.Lgs. 152/06 e ss. mm. ii. abrogando con ciò il D. Lgs. 59/2005.

La direttiva IPPC ha introdotto importanti aspetti innovativi nella valutazione delle componenti che, parte integrante del processo produttivo di un’azienda, interagiscono con l’ambiente:

  • adozione di un approccio integrato nella valutazione degli aspetti ambientali evitando di compromettere nel contempo lo sviluppo economico del settore;
  • messa a punto di un piano di monitoraggio ambientale da parte dell’azienda;
  • trasparenza del procedimento amministrativo e il coinvolgimento col pubblico;
  • superamento dell’approccio finora adottato di “command and control” a favore di una collaborazione tra gestore, autorità competente, autorità di controllo e associazioni di categoria.

Le attività produttive elencate negli allegati VIII e XII alla parte II del D.Lgs 152/06 e ss.mm.ii. individuano gli impianti assoggettati alla Direttiva IPPC. Gli impianti vengono suddivisi in base a tipologia e soglia dimensionale di produzione annua (capacità produttiva) riportate negli allegati stessi. Questi allegati forniscono una lista di categorie d'impianti all'interno delle quali sono individuate attività più specifiche contraddistinte da un codice IPPC univoco.

Con il termine capacità produttiva, la Circolare del 13 luglio 2004 specifica che s’intende la potenzialità dell’impianto dedotta dalle caratteristiche intrinseche delle apparecchiature e non la produzione effettiva delle aziende che può essere sensibilmente ridotta in relazione alle scelte del gestione dell’impianto ed in rapporto alle dinamiche di mercato presenti.

Nel 2010 la Direttiva 2010/75/UE “Relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento)”, ha introdotto corpose modifiche alle precedenti Direttive in materia di prevenzione dell’inquinamento derivante da attività industriali, integrando la"direttiva IPPC" e sei altre direttive in una direttiva unica sulle emissioni industriali. In Italia, la funzione legislativa delegata è stata assolta nel 2014 attraverso il D. Lgs. 46/2014, che ha apportato significative modifiche al T.U.A..

Ultimo aggiornamento

09-11-2022 12:13

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