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Acque di transizione

Prime fasi dell'applicazione della direttiva 2000/60/CE

La definizione di qualità ambientale richiede inizialmente, ai sensi della Direttiva 2000/60/CE, una caratterizzazione basata sul concetto di Ecoregione, di tipizzazione e di individuazione dei corpi idrici e delle condizioni di riferimento tipo-specifiche, analisi complessa che deve portare alla nuova classificazione.
Il D.Lgs.152/2006 definisce, riprendendo quanto indicato dalla Direttiva 2000/60, le acque di transizione come “corpi idrici superficiali in prossimità di una foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce”.
Il D.M. 131/2008 stabilisce inoltre che “all’interno del territorio nazionale sono attribuiti alla categoria acque di transizione i corpi idrici di superficie >0.5 km2 conformi all’art. 2 della Direttiva, delimitati verso monte (fiume) dalla zona ove arriva il cuneo salino (definito come la sezione dell’asta fluviale nella quale tutti i punti monitorati sulla colonna d’acqua hanno il valore di salinità superiore a 0.5 PSU) in bassa marea e condizioni di magra idrologica e verso valle (mare) da elementi fisici quali scanni, cordoni litoranei e/o barriere artificiali, o più in generale dalla linea di costa”.
Le acque di transizione di tutto il territorio nazionale ricadono all'interno dell'Ecoregione Mediterranea; al fine di pervenire alla individuazione dei corpi idrici si procede alla identificazione della categoria di acque superficiali (Acque di Transazione), seguita dalla definizione del tipo di appartenenza delle acque (Tipizzazione) e infine dalla determinazione dei limiti attraverso le caratteristiche fisiche naturali significative in riferimento agli obiettivi da perseguire.

Tipizzazione

La tipizzazione è il primo passo per la definizione dei corpi idrici e dei relativi piani di monitoraggio necessari per giungere alla classificazione; essa inoltre rende possibile l’individuazione di condizioni di riferimento tipo-specifiche.
Il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 131 del 16 giugno 2008 stabilisce che le Regioni sono tenute, sentite le competenti Autorità di Bacino, ad identificare le acque superficiali appartenenti alle diverse categorie di fiume, lago, acqua marino costiera e acqua di transizione, definendone i tipi sulla base dei criteri di cui all’allegato 1, sezione A.

I descrittori utilizzati per la suddivisione delle acque di transizione nei diversi tipi sono riportati in tabella 1.

Localizzazione geograficaAppartenenza ad una Ecoregione (1)
GeomorfologiaLagune costiere o foci fluviali
Escursione di mareaMicro tidali > 50 cm
Non tidali < 50 cm
Superficie (S)> 2.5 km2
0.5 < S < 2.5 km2
SalinitàOligoaline < 5 psu
Mesoaline 5 - 20 psu
Polialine 20 - 30 psu
Eurialine 30 - 40 psu
Iperaline > 40 psu

Tabella 1 - Descrittori per la tipizzazione delle acque di transizione

(1) l'Italia si trova all'interno della Ecoregione Mediterranea

Le acque di transizione in Veneto

Tutte le lagune oggetto di monitoraggio da parte di ARPAV presentano una superficie superiore a 0.5 Km2 (limite minimo previsto dalla legge per la tipizzazione, salvo possibilità di considerare anche quelle di dimensioni minori qualora sussistano motivazioni rilevanti) ed una escursione di marea superiore a 50 cm (escludendo le valli da pesca), dunque in base al D.M. n. 131/2008 sono classificate come microtidali.
Per la tipizzazione delle acque delle lagune costiere del Veneto sono stati elaborati i dati di salinità rilevati nell’ambito dei programmi di monitoraggio attuati in questi ultimi anni dalla Regione Veneto tramite ARPAV, per quanto concerne le acque delle lagune costiere di Caorle, Baseleghe e del Delta del Po.
Nella figura 1 è illustrata la mappa con la delimitazione delle tipologie di acque di transizione per i bacini lagunari di Caorle e Baseleghe, a sinistra, e la mappa delle tipologie di acque di transizione nell’ambito del Delta del fiume Po, a destra.

Po - tipizzazione

Caorle e Baseleghe - tipizzazione  

Figura 1 - Tipizzazione delle lagune di Caorle  e Baseleghe (a sinistra) e delle lagune del Po (a destra)

Per quanto concerne l’individuazione delle acque di transizione in prossimità delle foci fluviali a delta, tale procedura è stata effettuata attraverso l’elaborazione di misure di risalita del cuneo salino, attraverso i risultati di un recente studio effettuato nel 2007-2008 (condotto da ARPA Emilia Romagna, Autorità di Bacino del fiume Po e ARPAV); obiettivo dello studio è stato quello di definire i limiti di intrusione del cuneo salino nei rami del delta del Po attraverso tecniche di monitoraggio e modellistica numerica.

Individuazione dei corpi idrici

I tipi individuati per le acque di transizione vengono poi suddivisi internamente sulla base delle caratteristiche fisiche naturali significative, tenendo in considerazione le differenze dello stato di qualità; altri elementi discriminanti sono le pressioni antropiche che possano causare alterazioni nelle biocenosi e, in ultimo, i confini delle aree protette, per le quali sono stabiliti obiettivi specifici tali per cui i corpi idrici che vi ricadono sono assoggettati a loro volta ad obiettivi aggiuntivi.

Analisi delle pressioni e aree protette

Per valutare in modo corretto la capacità di un corpo idrico di raggiungere l’obiettivo fissato dalla Direttiva (stato ecologico “buono” entro il 2015) si prevede che gli Stati Membri effettuino un’analisi integrata delle pressioni significative che insistono sui corpi idrici, individuando alcune grandi categorie di pressioni:

  • sorgenti puntuali di inquinamento;
  • sorgenti diffuse di inquinamento;
  • alterazioni del regime di flusso idrologico;
  • alterazioni morfologiche.

Per quanto riguarda le fonti di pressione che insistono sulle acque di transizione della Regione Veneto, analogamente a quanto indicato per le acque marino costiere, sono da prendere in considerazione i dati sulle fonti di inquinamento puntuali e diffuse ovvero i carichi complessivi di nutrienti (azoto e fosforo), gli scarichi diretti nelle lagune di depuratori e di attività produttive, gli interventi di modificazione della morfologia dei canali e delle bocche lagunari. Infine sono da valutare altri indicatori quali l’utilizzo prevalente del territorio limitrofo, la popolazione e la densità di popolazione, la presenza turistica e l’incidenza del turismo, le attività produttive e gli insediamenti industriali.

Le aree protette, le cui acque sono soggette a obiettivi aggiuntivi, sono individuate con D.G.R. n. 234 del 10/02/2009; l’elenco comprende le acque a specifica destinazione funzionale (Acque destinate alla vita dei molluschi), le aree in concessione per la produzione di molluschi bivalvi e le aree della Rete Natura 2000; questa si compone di ambiti territoriali designati come Siti di Importanza Comunitaria (S.I.C.) e Zone di Protezione Speciale (Z.P.S.) in funzione della presenza e rappresentatività sul territorio di habitat e specie animali e vegetali indicati dalla Direttiva 92/43/CEE "Habitat" e di specie di cui alla Direttiva 79/409/CEE "Uccelli" nonché delle altre specie migratrici che tornano regolarmente in Italia.
I siti della Rete Natura 2000 presenti all’interno delle aree lagunari venete sono,

per i bacini lagunari di Caorle e Baseleghe:

SIC IT3250033: Laguna di Caorle-Foce del Tagliamento
ZPS IT3250041: Valle Vecchia-Zumelle-Valli di Bibione
ZPS IT3250042: Valli Zignago-Perera-Franchetti-Nova

per il bacino lagunare del Delta del Po:

SIC IT3270017: Delta del Po tratto terminale e delta veneto
ZPS IT3270023: Delta del Po (compreso all’interno del SIC).

Nel caso delle acque di transizione i limiti fisici, oltre alle indicazioni risultanti del processo di Tipizzazione, identificano in maniera univoca i differenti corpi idrici (lagune del Po; lagune di Caorle e Baseleghe).
All’interno del complesso lagunare di Caorle e Baseleghe sono stati individuati due corpi idrici di transizione, oltre a cinque corpi idrici fortemente modificati rappresentati dalle valli da pesca estensive; nella vasta area ricadente all’interno dei bacini del Po e del Fissero-Tartaro-Canalbianco sono stati individuati sei corpi idrici di transizione e ben 23 corpi idrici fortemente modificati (vedi tabella).

Valutazione del rischio

Individuate le pressioni significative, è necessario valutarne l’entità dell’impatto sul corpo idrico per determinare la probabilità che questi non raggiunga gli obiettivi di qualità previsti. I corpi idrici, constatati i dati pregressi di monitoraggio ambientale, vengono quindi assegnati ad una delle seguenti categorie:

  • a rischio;
  • probabilmente a rischio;
  • non a rischio.

Per ciascuno dei corpi idrici individuati si deve valutare la capacità di conseguire e/o mantenere gli obiettivi di qualità ambientale al 2015 (All. 3, punto 1.1, sezione C della Parte III del D.Lgs. 152/2006), pertanto essi devono essere assegnati ad una delle categorie di rischio di cui alla tabella 3.1 dell’allegato 1, punto A.3, al D.M. n. 56 del 14/04/2009. L’attribuzione della categoria di rischio ai corpi idrici individuati è stata effettuata sulla base della normativa vigente e delle informazioni disponibili sulle fonti di pressione e sullo stato di qualità, laddove disponibili.

Il D.M. n. 131 del 16 giugno 2008 all’allegato 1, sezione C, punto C2 indica:
“In attesa dell’attuazione definitiva di tutte le fasi che concorrono alla classificazione dei corpi idrici, inoltre le Regioni identificano come corpi idrici a rischio …… le aree sensibili ai sensi dell’articolo 91 del Decreto Legislativo 152/2006 e secondo i criteri dell’allegato VI del medesimo Decreto”.
L’articolo 91 del D.Lgs. 152/2006 segnala come aree sensibili, tra le altre, le seguenti:
“(…)
c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
d) le aree costiere dell'Adriatico Nord-Occidentale dalla foce dell'Adige al confine meridionale del Comune di Pesaro e i corsi d'acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
(...) ”

E’ stata estesa, in modo cautelativo, data la mancanza di dati pregressi sulle pressioni e sullo stato ambientale, l’identificazione dello stato di rischio alle lagune di Caorle e Baseleghe, anche in virtù del fatto che fino all’anno 2007 tali aree risultavano “non conformi” per quanto riguarda le acque destinate alla vita dei molluschi (Allegato II, Parte III, D.Lgs. 152/2006). Questa non conformità viene indicata al D.M. 131/2008, Sezione C, punto C.2 come criterio per la prima identificazione dei corpi idrici a rischio di non raggiungere lo stato di qualità “buono” entro il 2015.

Pertanto, in prima istanza si definiscono a rischio tutti i corpi idrici individuati nelle acque di transizione indagate.

Tipologia di monitoraggio

Il monitoraggio che dovrà essere effettuato su tutti i corpi idrici identificati come a rischio di non raggiungere lo stato di qualità “buono” entro il 2015, nelle acque di transizione, è quello di tipo Operativo, come indicato al punto A.3.1.3. dell’Allegato 1 al D.M. 56/2009.

Ultimo aggiornamento

16-09-2022 08:28

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