Ultimo aggiornamento
16-03-2023 10:29Il controllo della radioattività negli alimenti è un’attività di notevole rilevanza per Arpav, programmato annualmente in accordo con la Regione Veneto. Nel programma sono definiti i punti di prelievo, la periodicità e le modalità di campionamento e di misura, le province interessate al campionamento e il laboratorio di analisi coinvolto.
Il radionuclide significativo di origine artificiale è il Cesio 137 (Cs-137). La presenza del Cs-137 è dovuta ai passati esperimenti nucleari e più recentemente all’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl del 1986.
Mediamente ogni anno vengono eseguiti 65 campioni di alimenti ripartiti tra latte vaccino, funghi, carne bovina, suina, di cinghiale e pollame, pesce di mare e di acqua dolce, molluschi, vegetali, cereali e derivati, confetture, miele, mangimi e foraggio.
Si tratta di matrici per le quali il Veneto produce o tratta grossi quantitativi su scala nazionale integrate da quelle di rilievo per la dieta media italiana.
I prelievi, a cura dei servizi territoriali delle ASL, vengono effettuati nelle province che, per ciascuna matrice, producono o trattano o distribuiscono i maggiori quantitativi.
I controlli della radioattività nel latte
Tra gli alimenti maggiormente controllati vi è certamente il latte, sia perché è un prodotto di largo consumo, in particolare nella fascia di età infantile, sia perché in grado di mostrare immediatamente un’eventuale contaminazione ambientale. In un anno vengono eseguiti 12 campioni di latte, prelevati in una centrale di produzione rilevante a livello regionale. Si tratta di latte fresco, generalmente di origine locale, e di latte a lunga conservazione che può contenere materia prima anche di origine estera.
Dal 1999 la maggior parte delle misurazioni risulta al di sotto della sensibilità della strumentazione, e, laddove misurata, la concentrazione di attività di Cs-137 è largamente al di sotto delle soglie di allarme per la popolazione.
Una contaminazione residua di Cesio-137 si osserva ancora nei prodotti selvatici (carne di cinghiale, funghi e frutti di bosco) in concentrazioni non significative dal punto di vista sanitario.