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Compost in Veneto

Compost e rifiuti
Il Veneto, già da diversi anni, è al primo posto in Italia per la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani; tra le ragioni alla base di questo successo la raccolta secco-umido, che interessa la quasi totalità dei Comuni veneti, è sicuramente di primaria importanza. Tale scelta ha origine nei primi anni ’90, quando, constatato l’imminente esaurimento dei volumi in discarica e l’impossibilità di aprirne di nuove, la Regione Veneto decise di dirottare la frazione umida dei rifiuti urbani verso gli impianti di compostaggio, allora già presenti nel territorio regionale. Questa scelta ha permesso di superare l’emergenza rifiuti ed eliminare tutte le conseguenze ambientali legate al conferimento della frazione umida in discarica e cioè la produzione di percolato e di biogas che necessitano di opportuni trattamenti.
Nel 2017 in Veneto sono state raccolte quasi 700.000 t di rifiuto organico, il 43% del totale dei rifiuti raccolti in maniera differenziata. Sul territorio regionale sono presenti circa 80 impianti di trattamento della frazione organica, per una potenzialità complessiva di circa 1.400.000 t. L’evoluzione tecnologica e le politiche incentivanti hanno fatto sì che alcuni degli impianti, oltre a produrre compost, abbiano investito in tecnologie per la produzione di biogas (poi trasformato di energia elettrica e termica) e da ultimo per la produzione di biometano, da immettere nella rete gas nazionale o per autotrazione. Maggiori dettagli sulla rete impiantistica veneta di trattamento della frazione organica

Compost e controlli
La produzione di un compost di qualità richiede l’applicazione di un sistema di controlli lungo tutta la filiera, dal rifiuto in ingresso, alle modalità di trattamento e alla gestione dell’impianto, fino al prodotto finito: un compost di qualità può essere prodotto solo a partire da matrici organiche di qualità.
In base alla normativa regionale in materia, il gestore dell’impianto esegue una serie di controlli dal rifiuto in ingresso al prodotto finale in uscita: attraverso analisi chimiche e merceologiche verifica che i rifiuti in ingresso rispondano alle caratteristiche previste dalla norma; monitora il processo di compostaggio, che deve garantire la sanificazione e la stabilizzazione delle matrici organiche trattate; verifica l’efficienza dei presidi ambientali a servizio dell’impianto, quali i sistemi di gestione delle acque reflue e il trattamento delle arie, e la rispondenza ai parametri di legge; controlla, con periodicità prestabilite, che il compost finito risponda alle caratteristiche della normativa sui fertilizzanti.
Gli impianti di maggiori dimensioni operanti in Veneto, inoltre, sono sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale (AIA) e per questo sono obbligati all’applicazione di un piano di monitoraggio e controllo, che viene concordato con Arpav, e che riguarda tutti gli aspetti ambientali e del processo legati all’impianto. La norma prevede inoltre per questi impianti un numero minimo di controlli effettuati da Arpav nel periodo di validità dell’autorizzazione.
Arpav, nell’ambito delle attività di controllo, effettua periodici sopralluoghi in tutti gli impianti di compostaggio, verificandone il funzionamento e la corretta applicazione della normativa ambientale, integrata, dal 2000, con una specifica attività di monitoraggio periodico delIe caratteristiche del compost e dei rifiuti in ingresso, su tutti gli impianti presenti nella regione.

Controlli impianto di compostaggio SESA
Normativa di riferimento: DGRV 568/05 sul compostaggio; D.Lgs 75/2010 sui fertilizzanti; D.Lgs 152/06 su AIA

Compost e fertilizzanti
Il compost è un fertilizzante che deriva dal trattamento in condizioni aerobiche controllate di materia organica, replicando e ottimizzando il processo di decomposizione e trasformazione della sostanza che avviene in natura.
In Italia la normativa definisce il compost, o meglio l’ammendante compostato, come un fertilizzante da utilizzare sul terreno “… principalmente per conservarne e migliorarne la caratteristiche fisiche o chimiche o l’attività biologica…”.
Sono quattro le tipologie di ammendanti compostati individuate dalla normativa: l’Ammendante Compostato Verde, prodotto da scarti di manutenzione del verde ornamentale e da altri materiali vegetali come i residui delle colture; l’Ammendante Compostato Misto, realizzato, oltre ai materiali usati per l’ammendante compostato verde, anche dall’umido proveniente da raccolta differenziata (cd. FORSU), dal digestato, da rifiuti di origine animale e da liquami zootecnici, da rifiuti dell’attività agroindustriale, della lavorazione del legno e del tessile. Possono essere impiegati anche i rifiuti in plastica compostabile certificata (norma UNI EN 13432:2002) come stoviglie compostabili, ma anche prodotti assorbenti tipo pannolini certificati compostabili; Ammendante Compostato con Fanghi prodotto, oltre che con le matrici previste per l’ammendante compostato misto, anche con fanghi di derivazione agroindustriale o da depurazione civile; Ammendante Torboso Composto ottenuto miscelando una delle precedenti tipologie di ammendante con torba che deve costituire almeno il 50% della miscela.
Gli ammendanti compostati devono avere le caratteristiche qualitative previste dal decreto, che fissa limiti specifici per i parametri agronomici (pH, contenuto di carbonio organico e acidi umici e fulvici, azoto organico,) ambientali (concentrazione di metalli pesanti, presenza di matrici indesiderate quali plastica, vetro, metalli, inerti), microbiologici (assenza di patogeni) e di stabilità (rapporto carbonio/azoto e indice di germinazione).
Il compost può essere utilizzato nell’agricoltura in pieno campo, in orticoltura, per la produzione di terricci e substrati di coltivazione, nonché nelle tecniche di ripristino ambientale.
Normativa di riferimento: D.Lgs. 75/2010 sulla commercializzazione dei fertilizzanti

Compost e cambiamenti climatici
Le attività umane come l’industria, i trasporti e l’agricoltura liberano nell’atmosfera un’enorme quantitativo di CO2, contribuendo all’aumento dell’effetto serra e all’intensificarsi dei cambiamenti climatici.
Una delle azioni possibili per contrastare questo fenomeno è quello di salvaguardare e incrementare il contenuto di carbonio nel suolo, inteso come una sorta di serbatoio in cui accumulare in maniera stabile la CO2. È questa in sintesi l’idea che sta alla base dell’iniziativa “4 per 1000”, presentata il 1 dicembre del 2015 durante i lavori della COP21 di Parigi: aumentando ogni anno del 4 per 1000 il contenuto di sostanza organica nei primi 40 cm del suolo è possibile fermare l’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, a condizione che cessino tutte le attività di deforestazione. Per raggiungere questo obiettivo l’iniziativa propone 5 diverse pratiche agronomiche, fra le quali troviamo la fertilizzazione dei terreni con il compost.
L’uso del compost, infatti, riduce le emissioni dirette prodotte dalle modalità di lavorazione dei terreni e quelle indirette dovute all’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti. Il compost arricchisce la caratteristiche fisiche del terreno, migliorandone la lavorabilità e aumentando la capacità di trattenere l’acqua, contribuendo in parte anche alla fertilizzazione del terreno, mediante un lento rilascio di elementi nutritivi, e alla riduzione dell’uso di pesticidi, grazie alle sue proprietà fitorepressive. Grazie al suo contenuto di carbonio organico stabile, il compost contribuisce all’aumento del contenuto di sostanza organica nei terreni.

Ultimo aggiornamento

16-09-2022 09:12

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