Ultimo aggiornamento
07-04-2025 15:18L’art. 184-bis comma 1 del D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. riporta le quattro condizioni che devono sussistere contestualmente perché una sostanza od oggetto sia qualificabile come sottoprodotto:
a) la sostanza o l’oggetto è originata/o da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza o oggetto
b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso e/o di un successivo processo di produzione e/o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi
c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
Sul produttore incombe l'onere di provare che tutti i quattro requisiti richiesti per attribuire alla sostanza la qualifica di sottoprodotto, trattandosi di una condizione per l'applicabilità di un regime derogatorio a quello ordinario dei rifiuti. La giurisprudenza è concorde nel ritenere che, ai fini della qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali, spetti al produttore l'onere di fornire la prova del rispetto di tutte le condizioni necessarie affinché quel determinato materiale sia destinato con certezza ed effettività, e non come mera eventualità, ad un ulteriore utilizzo. Ovvero, sin dalla fase di produzione del residuo, vi sia l’intenzione di non disfarsene, ma di assicurarne un utile impiego nel medesimo o in altro ciclo produttivo. La qualifica di sottoprodotto non potrà mai essere acquisita in un tempo successivo alla generazione del residuo (un materiale identificato come rifiuto non può divenire sottoprodotto), ed il possesso dei requisiti deve sussistere sin dal momento in cui il residuo viene generato.
La dimostrazione delle circostanze previste dovrà essere fornita in ogni fase, dalla produzione fino all’impiego finale, da parte del produttore medesimo, ed inoltre, in caso di cessione, del soggetto detentore del sottoprodotto.
La gestione e la movimentazione del sottoprodotto, dalla produzione all’impiego, devono essere svolte in maniera tale da assicurare, oltre all’assenza di rischi ambientali o sanitari, il mantenimento delle caratteristiche del residuo necessarie a consentirne l’impiego. Le tempistiche e le modalità di gestione devono quindi essere congrue all’utilizzo del materiale nel periodo più idoneo allo stesso e non devono incidere sulla qualità e funzionalità dei materiali ai fini dello specifico impiego previsto.
Va evidenziato che la sussistenza della quattro condizioni previste dall’art. 184-bis, costituisce presupposto necessario e sufficiente a legittimare una gestione del residuo in deroga alla disciplina dei rifiuti. In tale senso, diversamente dalla disciplina relativa all’EoW, la mancata emanazione di decreti ministeriali (analoghi per esempio a quello relativo all’utilizzo delle terre e rocce da scavo o del digestato), non preclude l’operatività del concetto di sottoprodotto, che resta rimessa alla valutazione del rispetto dei quattro criteri, come precisato nell’art. 1 comma 2 del DM 264/2016, ai sensi del quale “i requisiti e le condizioni richiesti per escludere un residuo di produzione dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti sono valutati ed accertati alla luce del complesso delle circostanze”.
Al fine di agevolare l’utilizzo di sostanze e oggetti come sottoprodotti, definendo alcune modalità con le quali il detentore può dimostrare che sono soddisfatte la quattro condizioni generali di cui all’art. 184-bis, il Ministero ha emanato il DM 13 ottobre 2016 n. 264 “Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti”, in vigore dal 2 marzo 2017. Il decreto ha introdotto “criteri indicativi” per agevolare la prova delle quattro condizioni richieste per far rientrare determinati residui di produzione tra i sottoprodotti e non tra i rifiuti, in coerenza con lo spirito preventivo ispirato dall’ordinamento nazionale e comunitario. Vi sono riportati indicazioni e suggerimenti non vincolanti, ossia delle proposte, con cui provare la sussistenza delle condizioni sovra riportate, tra cui possibili elementi di prova documentale, come l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra produttore del residuo e utilizzatore, e la predisposizione di una scheda tecnica contenente tutte le informazioni richieste dalla normativa per la gestione dei sottoprodotti.
Su tale decreto il Ministero dell’Ambiente ha emanato due successive note interpretative: la nota prot. 3084 del 03 marzo 2017 e la Circolare n. 7619 del 30 maggio 2017, con l’obiettivo di fornire chiarimenti per “una univoca lettura del provvedimento” e ribadendo che avvalersi delle disposizioni del DM n. 264/2016 è una scelta, non un obbligo. Infatti viene “fatta salva la possibilità di dimostrare, con ogni mezzo e anche con modalità e con riferimento a sostanze ed oggetti diversi da quelli precisati nel presente decreto, o che soddisfano criteri differenti, che una sostanza o un oggetto derivante da un ciclo di produzione non è un rifiuto, ma un sottoprodotto”. Le modalità di prova contenute non sono quindi esclusive e non hanno effetto vincolante.